Fanny Ardant e Margarethe von Trotta, il grande cinema europeo a Bari
Le Masterclass del Bif&st 2017
Sul palco del Teatro Petruzzelli per l’odierna Masterclass, Fanny Ardant e Margarethe von Trotta, con il direttore del Bif&st Felice Laudadio, accomunate dalle esperienze da attrici e poi registe e da un film, “Paura e amore”, proiettato prima dell’incontro.
L’una è autrice di capolavori come “Anni di piombo” e “Rosa L.”; l’altra è un’icona del cinema europeo, già musa di Truffaut e protagonista di una filmografia che conta oggi quasi 80 titoli. Margarethe von Trotta è a Bari nella sua veste di presidente del Bif&st (ma ha anche ricevuto ieri le chiavi della città), Fanny Ardant per presentare il suo nuovo film da regista, “Le divan de Staline” che sarà proiettato stasera al Teatro Patruzzelli in anteprima internazionale. In comune, oltre che fascino, talento e intelligenza, Margarethe von Trotta e Fanny Ardant hanno un film, “Paura e amore”, girato in Italia nel 1986 e riproposto prima della loro Masterclass. In realtà, in comune hanno anche il fatto di essere passate dietro la macchina da presa dopo esperienze da attrici, esperienza che nel caso della von Trotta è stato solo il viatico verso la sua vera ambizione.
“Io sono diventata attrice per entrare nel mondo del cinema” ricorda la regista – “ho vissuto come spettatrice gli anni della Nouvelle Vague, vivevo a Parigi dove frequentavo la Cinémathèque Française e altri luoghi frequentati dai cinefili e dai giovani critici. Ma furono i film di Bergman a farmi capire che cos’era il cinema e che avrei voluto fare la regista, anche se all’epoca non era facile, non esistevano registe donne a parte Agnès Varda e poche altre. Così ho preso lezioni di teatro, ho iniziato a fare l’attrice, ho recitato tra gli altri per Fassbinder e per mio marito Volker Schlöndor, finché nel 1977 sono finalmente riuscita a dirigere il mio primo film.”
Diverso il percorso di Fanny Ardant: “Facendo molto teatro, mi sono trovata spesso ad avere molti pomeriggi liberi e ho iniziato a riempirli scrivendo delle storie. Un giorno un produttore ha creduto in una di quelle storie e mi ha proposto di farne un film, dirigendolo io stessa. Poi ne ho fatto un altro e poi un altro ancora ma non penso di abbandonare il mio lavoro di attrice, lo amo troppo. Tornerò certamente ancora a dirigere, qualche volta, anche se è diventato sempre più difficile fare film particolari e io non faccio parte dell’industria, mi reputo un’artigiana.”
La popolarità di Fanny Ardant come attrice esplose quando venne scelta da François Truffaut per “La signora della porta accanto”; sarebbe poi tornata a recitare per lui in “Finalmente domenica”, legandosi anche sentimentalmente al regista.
“Truffaut è stato il primo regista che mi ha dato veramente fiducia, io venivo dal teatro e allora il mondo dello spettacolo era diviso in compartimenti stagni, c’era chi lavorava esclusivamente per il teatro, chi per la tv, chi per il cinema. Il vero talento di Truffaut era quello di essere veramente appassionato di quello che faceva. E per me, il cinema, è diventata subito una promessa di felicità”.
“Però poi non ho mai accettato di fare un film per il nome del regista ma per la parte che mi proponevano, se era un ruolo che potevo amare. Anche i film più brutti che ho fatto posso rivendicare di averli fatti perché amavo il personaggio. Fu così naturalmente anche per ‘Paura e amore’, il set era così festoso e tu, Margarethe, eri così appassionata!”
“Era un momento triste per la vita di entrambe” – ha replicato la regista – “ma era un pozzo di tristezza anche il mio film, e questo ci ha salvato!”
Ardant: “Io mi ricordo anche di quell’attore, Jan Biczycki, che un giorno a Roma mi disse che stava andando a pranzo con il Papa: ‘E io sono Napoleone’ gli feci!”
Von Trotta: “Ma era vero. Biczycki proveniva da Wadowice come Papa Wojtila, avevano anche fatto teatro insieme in gioventù!”.
Le due artiste hanno ricordato anche due importanti figure per il Bif&st, Ettore Scola che ne fu Presidente (oggi Presidente Onorario) e Vittorio Gassmann, cui è dedicata la Retrospettiva di quest’anno.
Ardant: “Con Vittorio ho recitato in diversi film, ma è difficile per me ricordare una persona che ho tanto amato. Era un timido ma lo nascondeva, era un impaziente di natura, un po’ malinconico, amava profondamente il teatro e quindi nel cinema odiava perdere tempo, in particolare trovava che i belgi (abbiamo recitato insieme, tra gli altri, in ‘Benvenuta’ di André Delvaux) fossero troppo lenti e questo lo innervosiva. Diventammo amici, se recitavo a teatro a Roma veniva a vedermi poi a salutarmi in camerino e poi a cena, dove io speravo che mi dicesse qualcosa sul mio spettacolo, ciò che faceva solo alla fine delle serata, al momento del dolce. Con Scola ho fatto due film, lavorava con grande eleganza, dolcezza, ironia. Era anche un uomo molto curioso, mi parlava delle sue letture e mi contagiava con il suo entusiasmo. Mi faceva anche molto ridere ed era un uomo molto attento a chi aveva davanti”.
Von Trotta: “Io conobbi Scola a Venezia un anno dopo ‘Anni di piombo’, mi disse che avrebbe voluto che scrivessi un film per lui. Io ero sorpresa e lusingata ma poi capii che non era vero, era solo un modo per farmi un complimento. In seguito, è sempre venuto ad assistere alle mie proiezioni e alla fine mi diceva ‘Ma non si ride mai nei tuoi film!’. Gassman, invece, non l’ho mai conosciuto ma avevo tanta ammirazione per lui, mi sarebbe piaciuto scoprire l’uomo che c’era dietro quei personaggi così brillanti che interpretava”.
Sulla scelta degli attori, la regista: “La cosa più importante è amarli, loro hanno paura a stare davanti alla macchina da presa, non sono delle macchine ma sono deboli, bisogna avere attenzione per loro e nello stesso tempo lasciarli liberi, correggerli solo quando vanno fuori direzione. Ci sono attori con i quali ci si capisce al volo e altri con i quali bisogna essere un po’ psicologi. Ma come diceva Claude Chabrol, quando hai scelto l’attore giusto, il tuo lavoro è finito.”
Fanny Ardant per il suo nuovo film da regista, “Le divan de Staline” ha scelto Gérard Depardieu: “Dopo averlo diretto in un piccolo ruolo nel mio film precedente, ‘Cadences obstinées’, ho sentito il desiderio di fare con lui un film intero. E solo lui poteva fare un personaggio così odioso come Stalin, che mi interessava in quanto simbolo del potere assoluto, un tema che mi affascinava molto così come mi affascinano da sempre la storia, la letteratura e l’arte russa. È vero che Depardieu non assomiglia per nulla fisicamente a Stalin ma io non volevo fare un documentario ma una parabola sul potere”.
“E poi Depardieu non è forse amico di Putin?” ha scherzato Margarethe von Trotta “avrà avuto un esempio perfetto per il ruolo!”
“Ma solo i giornalisti pensano che il mondo sia in bianco e nero” ha puntualizzato l’attrice – “e Putin non è certo peggio di Trump. La verità è che Depardieu è un avventuriero, parla con tutti, è un uomo libero. E comunque non ha mai fatto l’apologia di Putin!”